La settimana che si apre vedrà riunirsi per l’ultima volta quest’anno i Comitati Direttivi di FED e BCE (oltre che di altre Banche Centrali, comunque meno rilevanti in ordine alla loro rilevanza sugli equilibri monetari a livello globale). Un anno, il 2022, che verrà ricordato sui libri di storia economica per i ripetuti e consistenti interventi da parte degli organismi monetari internazionali e che hanno riportato alla memoria gli episodi analoghi dei primi anni 80, quando l’inflazione si era portata stabilmente oltre le 2 cifre (negli USA si era arrivati intorno al 15%, costringendo l’allora Presidente FED Paul Volcker a provvedimenti straordinari, anche se mai la Banca Centrale Americana aveva alzato i tassi dello 0,75% per 4 volte consecutive come è successo quest’anno con Jerome Powell).
Nei primi 11 mesi dell’anno, i tassi si sono “moltiplicati” ovunque: basti pensare che da noi il rendimento medio delle emissioni di titoli emessi dal Tesoro (e quindi Bot, CCT, BTP) è passato dallo 0,10% – minimo storico di sempre – all’1,65%, facendo lievitare il costo degli interessi. Un ulteriore elemento di preoccupazione per i nostri traballanti costi pubblici (è in corso di svolgimento l’iter parlamentare della nuova Legge di bilancio di € 35 MD, di cui ben 21, ricordiamolo, in deficit). Preoccupazione resa maggiore dall’ormai certo cambiamento di strategia da parte della BCE per quanto riguarda la politica espansiva, fatta non solo dalla leva dei tassi, ma anche da manovre di acquisto (QE, Quantitative Easing) o vendita (QT, Quantitative Tightening). Nel 2023, è stato calcolato, l’ammontare totale di titoli sovrani (i titoli pubblici) a medio-lungo termine che gli Stati Membri UE dovranno collocare sul mercato si dovrebbe aggirare su € 1.200 MD, di cui circa 875 MD composto da titoli che andranno in scadenza, la rimanente parte da nuove emissioni. A questi si dovranno aggiungere i titoli che la BCE (che attualmente ha “in pancia” circa € 9.000,00 MD, di cui 4.000 acquistati negli ultimi anni, di cui buona parte grazie al Pepp – Pandemic Emergency Purchase Programme – avviato per combattere gli effetti dell’epidemia Covid). Nel nostro “piccolo” faremo, ancora una volta, la “parte del leone”, con oltre € 320 MD di emissioni (273 quelle dell’anno che sta per concludersi), di cui € 67 MD – € 50 MD in termini di emissioni nette, € 17 MD dovuti ai mancati riacquisti da parte della BCE: a tal proposito si pensa che la reimmissione sul mercato dei titoli dovrebbe iniziare a marzo 23, per un importo di circa € 20MD – cumulati a livello UE – al mese).
Motivi in più per auspicare che inizi quel rallentamento sulla via dei rialzi di cui si è parlato nelle ultime settimane, per quanto i “soliti” Paesi rigoristi, a partire dai Paesi Bassi e di quelli Baltici, spingano ancora per la linea dura. Diversi “drive” fanno pensare che la FED prima (mercoledì) e la BCE dopo (giovedì) che a prevalere dovrebbe essere la linea morbida: l’inflazione, per quanto rimanga a livelli elevati, sta rallentando la sua marcia (soprattutto in Europa), mentre l’attività economica si conferma buona. Si fa largo, quindi, il pensiero che ulteriori interventi drastici potrebbero far ripiegare i livelli produttivi, in un momento in cui, peraltro, cominciano ad intravedersi segnali di crescita dei salari. Motivo per cui si ritiene che il prossimo “ritocco” dovrebbe fermarsi allo 0,50%, a cui dovrebbero far seguito un altro paio, in primavera, dello 0,25% cadauno. Per cui il picco (il cosi detto pivot) dovrebbe attestarsi intorno al 5% negli USA (oggi siamo al 3,75-4%) e al 3% in Europa (dove si è al 2%).
Inizio settimana debole per i mercati del Far East, in scia alle chiusure negative di venerdì a Wall Street.
Nikkei di Tokyo – 0,21%, mentre in Cina Shanghai al momento fa segnare – 0,87%.
Ben più pesante Hong Kong, dove l’Hang Seng scende di oltre 2 punti (- 2,33%).
Futures che si muovono sulla linea della parità.
Lo spread apre la settimana da 187 bp, con un rendimento del BTP che, dalla chiusura di venerdì, intorno al 3,82%, dovrebbe scendere in area 3,75/3,70%.
Treasury Usa al 3,55%.
Petrolio in cerca di stabilità: questa mattina il WTI fa segnare $ 71,55, + 0,65%.
Exploit del gas naturale Usa, che balza del 10% a $ 6,898, spinto dalle previsioni di temperature molto rigide.
Probabile che anche quello europeo (l’ormai “noto” Ttf allo snodo di Amsterdam) vada incontro a rialzi in considerazione del freddo in arrivo in tutta Europa.
€/$ a 1,052.
Criptovalute in leggero ribasso, con il bitcoin appena sotto i $ 17.000 (16.933, – 1,46%).
Ps: ormai è chiaro che l’intelligenza artificiale è destinata a cambiare il mondo e, conseguentemente, il mondo. Si ritiene che la sua prima applicazione risalga agli anni 50, quando venne creato Theseus, un topo meccanico in grado di percorrere un labirinto e trovare la via di uscita. Per il suo utilizzo vennero usati 40 flop (un po’ paradossale il nome…). Per tale si intende, infatti, l’unità di misura della capacità di calcolo dei computer, equivalente ad un’operazione (addizione, sottrazione, moltiplicazione, divisione) in un secondo. Per i primi 6 decenni la crescita era nota come “legge di Moore”: ogni 20 mesi raddoppiava. Dal 2010, invece, il processo di crescita è enormemente più veloce. Oggi PaLM, forse il computer più potente aol mondo, ha una capacità di calcolo di 2,5MD di petaflop (1 petaflop equivale a 1 milione di miliardi di flop: meglio fermarsi qui….).